nel verde tra Austria e Baviera

attirato dall’idea di trascorre una vacanza itinerante nel verde, ho cercato di coniugare come sempre l’arte la natura e il territorio e così mi sono espresso anche nei tre capitoli dell’ultimo libro in metrica “salina elegiaca” dove tratto lo stesso viaggio in tre capitoli: città natura arte. Prima visita è a Ravenna riuscendo a visitare tutto il possibile nel pomeriggio della partenza. Poi a Comacchio ho rivisto il Ponte Triplo in un ambito devo dire molto turistico. Da qui sono passato in Austria da Tarvisio fino in Carinzia, apprezzando la regione verde ed boschi tenuti benissimo. Dopo alcuni laghetti a Graz ho potuto visitare un santuario della Madonna ed il castello sulle colline, ed il centro infiorato e ben tenuto anzitutto quanto a semafori. Ad Hallstadt non sono riuscito neppure a fermarmi per il traffico, poi attraversato il Salzkammergut ho visitato Salisburgo con i suoi enormi tesori di epoca imperiale partendo dal Mirabell fino all’altro castello in alto, tra i ricordi di Mozart. Per vie secondarie in Baviera sono giunto a Passau ove confluiscono tre fiumi e con bei monumenti, poi la meta è stata Hofkirche, indi il lado Chiemsee dove per ragioni di tempo ho potuto visitare solo la Fraueninsel. Indi sempre in Baviera Bad Tolz, Ettal con l’abbazia, Oberammergau ove si ricorda una antica rappresentazione della Passione. Visita al Linderhof, una villa fatta costruire da Ludwig II di Baviera che fu poi assassinato per aver sprecato troppe risorse nei suoi castelli correndo dietro le sue fantasie su Wagner. Ritorno in Austria per una via ripida e visita al centro di Innsbruck col suo goldenes dachl e un’orchestrina che alleviava i turisti. Oltre il Brennero si è visitato Bressanone Bolzano Trento Rovereto Verona Mantova e Bologna fugacemente, I momenti più salienti sono stati il suono della campana di Rovereto coi suoi 100 rintocchi e la visita a san Luca a Bologna percorrendo 4 km di portici per una dislivello di 200 metri niente male come penitenza. Otto giorni per un totale di 3200 km sempre alla guida.

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da un capo all’altro di un paese ombra

 

Negli ultimi anni sono stato portato ad occuparmi di eventi tragici spesso recandomi sul posto come per una vocazione giornalistica;  ho dovuto farmi strada nell’indifferenza, e nei miei articoli ho provato a scrutare nel buio:  la mia profezia dichiarata ai contradaioli senesi dell’Onda che avrebbero tratto fortuna dalla Concordia si è perfettamente avverata ma nessuno se n’è curato.  Stavolta sono riuscito a superarmi perché mi sono recato in anticipo di qualche giorno nelle zone del terremoto, con episodi significativi.

Sono stato ad Amatrice il 12 agosto come prima tappa di un giro del Gran Sasso con approfondimento sugli eremi abruzzesi, e ovviamente con la curiosità di scoprire la vera ricetta dell’amatriciana.   Sono passato per Cappadocia dove sgorga il Liri e vi ho trovato un monumento al mulo, in fondo gran lavoratore.  Dopo Tagliacozzo e Sgurgola dove Corradino di Svevia perse il trono e poi la vita, evitavo le gole di Antrodoco, luogo strategico ai confini di stati, ma tagliavo in salita, tra una miriade di curve ma in un bosco interminabile che alleviava la temperatura afosa.  Finalmente la targa del paese laziale al confine di 4 regioni: Amatrice

La sensazione è di un centro climatico ben gestito con spazi verdi adeguati e dove molti potrebbero accorrere per un buon riposo.   In effetti non si sente chiasso, né si notano comitive, c’è la vocazione del soggiorno tranquillo, votati all’indolenza quel tanto che serve a scoraggiare le rumorose iniziative. Dopo aver incrociato un grosso complesso giallo che si rivelerà prezioso per l’assistenza,  comincio dal lato ovest, dove m’imbatto in un manufatto sfolgorante nel suo colore rosso acceso e che indica una sana tradizione del luogo:  il cinema teatro Garibaldi;   la cronaca dopo i tragici fatti non ne ha mai parlato,  non è servito a molto.  Il paese sembra fatto di un corso principale e in qualche traversa s’intravede qualche manufatto particolare, ma a causa della tortuosità delle strade, non arrivo mai a poter osservare di lato a decine di metri.   Perciò mi sfugge che in fondo a destra c’è il convento di san Francesco, ne trovo traccia su una mappa del paese per strada, ma sono diretto a un’altra chiesa certo antica con un bel portale, e a quella mi riferirò.  Di saliente vedo solo una torre con orologio sulla sinistra, ed è quella che resterà in piedi.   Ricordo bene la ricca chiesa del suffragio notevolmente danneggiata e oltre la torre ma sulla destra un palazzo che ha il sapore di casa storica nobiliare, in ristrutturazione e con finta facciata dipinta, ma quelli sono tra i più resistenti;  infine giungo a s. Agostino.  Questo è veramente un capolavoro col suo portale scolpito in marmo a più livelli, colonne all’esterno e all’interno, leoni di pietra, un rosone, una facciata e un campanile non molto arditi come tante chiese abruzzesi, l’interno bianco è alquanto semplice:   ha subito notevoli danni.   Al ritorno le scene più significative, decido di fiancheggiare il lato est del corso, da cui provengo per poi ritornare al teatro, ma fatti pochi passi un furgone piuttosto grosso mi sbarra la strada che voglio percorrere per ritornare al corso, ne segue un battibecco con un altro tizio che deve passare di lì e per evitare quella discussione e non fare passi scomodi proseguo sulla mia destra, passando davanti l’hotel Roma tanto discusso.  Il panorama si apre sui bastioni dove è sistemato un giardino pubblico che invita ad entrarvi per un binocolo di quelli fissi che consentono di vedere dettagli e per un certo numero di panchine e piante.  Dunque non rimpiango quel passaggio e mi metto ad esplorare il panorama fino verso nord.  Tutto è ben curato ed armonioso, solo una cosa m’inquieta.   Di lontano verso nord-est è un’alta montagna senza vegetazione ma con un aspetto strano, ha due cime pressoché uguali ed una profonda vallata al centro.  E’ certo il Monte Vettore.   Questa montagna vista da Ascoli ha forma piramidale e non mi ha mai dato quella sensazione, di certo al centro sono i laghi di Pilato, due stagni si spera perenni che ricordano le bacinelle del governatore romano in Palestina, ma io ne ho un altro ricordo ben più vivo.  Anni prima venendo da Visso in Valnerina mi sono affacciato dall’alto sull’altopiano di Castelluccio di Norcia dove era il bosco a forma di Italia, ed era un tappeto di nuvole con solo la parte alta del paese che le forava, ma ricordo che da est sovrastavano la scena due cime imponenti nel sole: la piramide del monte Vettore più distante, ed il monte Sibilla.  Dunque questo monte Vettore è poliedrico, lo ricordavo come unico ed invece sono due coni affiancati.  Ma la cosa più misteriosa è il Sibilla;  la scrittrice Giuliana Poli scrisse un libro in cui parlava del culto della Madonna e di strani simboli esoterici presenti nelle zone intorno al monte Sibilla, nelle cappelle e nei frontoni delle case;  si dice che c’è una grotta in cima dove si tengono riti e che tutto il contorno simbologico crei come un discorso compiuto intorno alla figura della donna in particolare; la stessa Giuliana scriveva recentemente che se trema quella zona può tremare tutto… Accumoli e Arquata sono ai piedi del Vettore.

Ma un’altra emozione è in agguato: mi fermo al ristorante Mari e Monti sul corso principale, dopo aver visitato la zona intorno alla torre.   Il titolare è affermato ed esperto, ma per sapere gl’ingredienti dell’amatriciana chiedo a chi mi serve: una donna dall’accento per me straniero dice che i bucatini sono un classico, e che occorre guanciale pecorino e peperoncino, le chiedo la provenienza, dice di chiamarsi Viola e di essere rumena.    Moldovan Violeta è tra le vittime del terremoto, certo ha potuto abitare in una casa meno sicura e questo ha posto fine alla sua vita ed al suo peregrinare per l’Europa.    Torno più in basso a cercare un lago dove anni mi dissero che la vera amatriciana in origine era con gli spaghetti;  il ponte dei tre occhi lesionato è altrove su un altro laghetto.   Da qui sulla Salaria malvolentieri mi arrampico al lago di Campotosto e trovo la visione del Gran Sasso da Prato Selva perché la strada per Pietracamela è ancora interrotta.  Curve per san Gabriele e dopo il lungo tunnel posso constatare che l’Aquila ha fatto pochi progressi:  non riesco neppure ad arrivare alla chiesa di Collemaggio ed a fatica rivedo le 99 cannelle.  Ovunque strade interrotte e ancora macerie in vista.

Sollecito emozioni all’Orfento cercando eremi quasi impossibili dalla parte sbagliata, come il s. Giovanni da raggiungere dall’alto per Decontra, ma non certo con la mia auto prossima all’allunaggio oltre i 350.000 km, fino al s. Venanzio a Raiano, comodo e salutare a cavallo del fiume Aterno.  Non immagino che sto solo anticipando la precarietà di chi dopo qualche giorno, in una notte di s Bartolomeo non scatenata dall’uomo, avrebbe provato lo stesso grave disagio di perdere tutto, anche la vita !

Pozzuoli, 02/10/2016

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OMAGGIO ALLE 40 VITTIME SULLA A16 del 28/07/13 presso Monteforte Irpino

40bus  L’impulso ad occuparmi di un monumento che ricorda il tragico evento, ovvero l’incidente stradale più grave della storia d’Italia, mi venne dal fatto di essermi cimentato in tanti aspetti culturali, ma di non avere mai creato qualcosa di solido, di realmente tangibile che potesse realmente interessare e far riflettere.   Lo spunto mi venne anche dal fatto di avere arbitrariamente decurtato, con motivazioni per me opportune, una parcella ad un noto personaggio già nominato per aver procurato col suo cognome beneaugurante il finanziamento per il monumento ufficiale, quello sul rione Palazzine in uno spazio impropriamente detto “piazza del ricordo”.   Infatti non v’è traccia di una targa che ufficializzi la cosa, e quando vi è una manifestazione, il Comune che dovrebbe verificarne i manifestini, fa comparire “presso l’anfiteatro,  largo Palazzine”.  Insomma la cifra risparmiata andò poco dopo alla costruzione della mia opera, e per poco non bastò, ma comunque essa, e la donazione che ne è conseguita ha costituito un esempio di vera beneficenza.
Mi recai ad Alfedena presso un negozio che non ho mai finito di ringraziare, e che accennava nella presentazione anche alla produzione in oggetti in rame, ma scoprii che così non era, ed allora colui che lo gestisce mi indirizzò in due luoghi:  ad Agnone o alle falde del Vesuvio, dove c’è una buona tradizione.   La scelta del rame era dovuta alla necessità di produrre qualcosa di economico che rappresentasse delle spirali, insomma delle curve, ritenevo che il ferro battuto fosse troppo oneroso e dunque rame ed ottone potevano ben rappresentare quello che avevo in mente.  Ma c’erano dei punti oscuri, perché del primo elemento non mi fidavo molto, lo ritenevo cedevole, flessibile, dunque mi chiedevo anche come la struttura potesse stare in piedi; la scelta cadde sulla ditta in un paese vesuviano noto per la lavorazione del rame, trovai un laboratorio dalle garanzie igieniche non proprio ortodosse, ma soprattutto due addetti umili ed appassionati.  Nel giro di due settimane il progetto fu realizzato, parte su quello che avevo inteso fare, parte con un’invenzione di dettagli e soluzioni, che viste successivamente hanno del prodigioso; ad esempio fu costruita una gabbia provvisoria di metallo sulla quale sistemare e legare gl’inviluppi del tubo di rame, prima è stata realizzata la struttura interna legando anche l’ottone, poi l’esterna e la parte alta;  le saldature sono a freddo ovvero rame e ottone legati con stagno fondendo quest’ultimo ma senza archi voltaici e legami irreversibili. Non immaginavo quanto a sorprese di ritrovarmi una doppia divina proporzione ed un gioco numerico veramente singolare;  il talento si basa sull’intuito ed a volte così ci si accorge di essere andato ben oltre le intenzioni, progettando qualcosa dal significato ben più ampio !
Il risultato fu apprezzato da tutti con entusiasmo, ma prima che possa avere una collocazione adeguata passerà ancora almeno un anno !
Proverò allora nei dettagli ad illustrarne il significato divagando su tanti aspetti, senza sconfinare però in discorsi filosofici, come è già avvenuto per l’opera ufficiale, d’altra parte la mia scultura va vista solo in chiave simbolica, essendo strettamente dedicata all’evento luttuoso, e non devo avventurarmi in chissà cosa per inventarmi un nesso, la mia non è una riedizione di qualcosa di vecchia progettazione né un pretesto per istallazioni di opere di arte moderna.  D’altra parte essa è per interni essendo tra l’altro composta di  rame ottone marmo e legno, troppo delicati ed appetibili per i trafugatori;  per tale motivo ho accettato solo la prospettiva che possa finire nel museo civico da aprirsi al rione Terra, ufficiale e sorvegliato, poi quando ne vedremo l’apertura non ci è dato al momento sapere.  Dunque ne esaminerò adesso i vari aspetti.
LA FORMA   il monumento nel suo complesso è alto oltre 2,70 m di cui i primi 80 cm sono l’altezza del tavolino, poi 2 cm è lo spessore del marmo ed altri due sono i piedi ai 4 angoli necessari perché la struttura metallica affonda nel marmo mediante 4 perni che si avvitano dal lato opposto.  Il tavolo è un quadrato da 90 cm ottenuti mediante due estensioni laterali, dunque per evitare che il marmo pesante oltre 30 kg poggi troppo sulle appendici esterne è prevista una lastra di polistirolo al centro,  per scaricare meglio il peso direttamente sulle 4 gambe e per fare da fermo ai fogli di spiegazione che possono essere infilati lateralmente al di sotto.  Il monumento vero e proprio invece è fatto di 2 pezzi:  un tutt’uno sembra rappresentare quasi una figura umana con una parte inferiore tozza a doppia elica e l’ombelico rappresentato ad 1 m di altezza dall’aggancio al ponte di una delle scale, la cima della testa a 1,62 cm come anatomicamente, infine una corona di gloria sulla testa lucente di stelle.  L’altro pezzo è la sagoma di un ponte, di ottone brunito per distinguerlo dal resto, che assicura anche stabilità all’insieme.  L’aggancio alla base è fatto in due soli punti per ognuno dei due pezzi, ma l’insieme è solido anche per il robusto gancio di ottone, per stabilità invece i due elementi verticali del ponte, unici ottoni più doppi, sono tenuti insieme anche alla base rasente il marmo.  Insomma questa figura stellata può rappresentare il gruppo dei pellegrini nel suo insieme.
IL PERCORSO:   se seguiamo l’itinerario che la struttura raffigura, esso è preciso e ricco di simboli.   Si parte dalla sagoma del ponte che ovviamente rappresenta quello di Acqualonga, da qui parte una scala a pioli in discesa di colore rosa – viola, essa ricorda il fiore il cui aroma san Pio emanava, dal momento che i pellegrini erano reduci da una visita a Pietrelcina, e proprio per questo avrebbero probabilmente imboccato l’A16 con la sua pendenza proibitiva, il viola serve a mitigare la radiosità del rosa trattandosi di un evento luttuoso.  Tale percorso è di un giro e ¾ dunque parte di dietro e termina di lato a destra, ad un tratto vi sono 3 tratti intermedi che fanno virare il colore al rosso fino all’arrivo al suolo dove si attraversa una lastra di rame dello stesso colore che ricorda il prato.  Nel tratto in discesa vi sono 12 pioli tra i due binari della scala, essi indicano il tempo, ed infatti 12 sono i mesi ma anche le ore, e l’ultimo gradino dunque indica “l’ultima ora” e cioè qualcosa di tragico.  Il colore del rosso è cupo perché esso rappresenta il sangue di Cristo.  Il percorso è visto nel suo insieme come una passione – resurrezione con chiaro riferimento al Redentore.  Infatti il colore del sangue del condannato alla crocifissione non poteva essere che scuro causa il poco ossigeno in esso per la lesione del nervo mediano che determinava una paralisi progressiva estesa verso il tronco, e la posizione sulla croce dove senza alzarsi sui piedi, il movimento della gabbia toracica era davvero precario.  Al centro del prato insanguinato rappresentato dalla lastra di rame appena sbalzato, è una croce formata dai 4 binari stessi che confluiscono in un solo punto:  i 2 anteriori formano la parte verticale della croce affiancati, quelli posteriori, nascosti dai primi, si aprono in modo opportuno e formano l’asse orizzontale, all’estremità i tubi sono chiusi.     Dall’altra parte si riforma il binario ma con altre caratteristiche:  il primo gradino è simmetrico all’ultimo detto, poi essi hanno una distanza doppia rispetto alla via in discesa, e qui i 3 livelli di colore intermedi portano verso l’azzurro perché questa è una strada che sale ma necessita di meno gradini perché percorsa da anime leggere;  i pioli sono 8 benché il percorso sia più lungo in quanto questo numero indica l’infinito e dunque questa via porta tra le stelle:  Infatti percorre l’altezza intermedia rispetto a quella in discesa ma dopo 1 giro e mezzo si porta verso il centro e dopo un altro quarto di giro all’altezza del ponte imbocca un percorso verticale fino all’altezza di 1, 62 cm come è anatomicamente il vertice della testa rispetto ad un ombelico posto a 1 m;  qui i binari terminano dopo l’ottavo gradino e si partono 2 steli per parte che intrecciati formano una croce di ottone con ai vertici 4 stelle a 5 punte.  Dunque il tragitto è terminato, dalla caduta sono finiti tra le stelle, tradizionale dimora dei santi.  Ogni stella è sbalzata ed essendo a 5 punte presenta 10 facce, dunque 10 x 4 = 40, ecco dove sono finite le 40 anime.   I tondini di ottone tengono insieme il tutto, sempre legati al binario interno.
IL DNA GOTICO:   la struttura inferiore con l’inviluppo cilindrico rappresenta un doppio binario, una scala che scende e poi sale sullo schema del Pozzo di san Patrizio a Orvieto, tuttavia a ben vedere può anche rappresentare la doppia elica del DNA, ma in essa i legami tra le spire non sono sempre diretti e contrapposti ma tendono a slanciarsi verso l’alto, dunque come lo stile gotico che rappresenta l’elevazione in senso divino, essendo il DNA la molecola della vita, ne deriva il concetto di “vita eterna”.  In particolare nell’inviluppo cilindrico abbiamo 3 legami orizzontali tesi dunque tra le scale diverse, il quarto avrebbe disturbato la vista della croce di sangue, 4 erano i legami obliqui all’interno della stessa scala, che sembrano spingere la struttura verso l’alto, cui se n’è aggiunto un quinto vedremo perché;  altri tondini reggono la parte più alta accentuando questa spinta fino alle stelle, mettono inoltre in comunicazione come una guida, le due croci che pure si guardano perché quella rossa è leggermente obliqua, a significare che i due eventi che indicano, la passione e la resurrezione, sono strettamente connessi, non può esistere l’uno senza l’altro e si riferiscono a Cristo come ai pellegrini.
IL NUMERO OTTO:   la composizione è dedicata al numero dell’infinito, ma esso è anche il numero dei fortunati ma non felici superstiti, quindi è un omaggio anche a loro:  otto cm è la larghezza dei 20 pioli, il diametro delle 4 stelle, 8 mm è lo spessore dei tondini di ottone, 8 sono i pioli della scala che sale, 8 i tondini nella zona dell’inviluppo cilindrico, 80 cm è l’altezza del tavolini ed il lato del quadrato di marmo della base, inoltre è un sottomultiplo di 40, numero delle vittime che si ottiene anche moltiplicandolo per la caratteristica delle 5  punte di ogni stella.
LA DIVINA PROPORZIONE:  nell’opera questa attenzione è realizzata più volte, si tratta di un rapporto ben presente in natura ed uguale a 1,618 cosa che è stata ripresa ad esempio per i fogli A4.  Un calcolo voluto mi ha portato a porre il ponte a 1 m di altezza ed il termine del binario ascendente a 1,62.  Ma quando mi fu chiesta la misura di un lato della gabbia metallica quadrangolare su cui modellare l’inviluppo, forse per semplificare dissi 40 cm;  in effetti anche così il massimo diametro del cilindro è di 0,62 m e la media di poco sotto.  Dunque da 1 m x  e / 1,618 si ottengono l’altezza e la larghezza, inoltre le stelle a 5 punte o pentacoli sono  un esempio scolastico di divina proporzione, tanto da essere simbolo dei pitagorici.
LE SCALE:   in un castello medievale votato alla guerra le scale a chiocciola strette avevano l’accorgimento di essere costruite in modo che l’assalitore che proveniva dal basso avesse impedita la destra nel dare fendenti, ed il contrario per il difensore che scendeva dall’alto, cosa che si realizza nel senso delle scale adoperato, quindi un messaggio di pace.  L’eccezione è a Castel del monte, ma questo sta a dimostrare che esso non era un castello votato ad usi bellici, cosa che tutti sappiamo per la sua vasta simbologia anch’essa legata al numero 8.
LA LINEA   la struttura si manifesta piuttosto ardita nella linea, essendo costruita in un materiale dipinto, il rame, di per sé flessibile e quindi necessario di ancoraggi.  Alla base ci sono solo 4 legami per i perni, questo perché era importante dare visibilità alla croce inferiore, ed inoltre accentuare l’idea che la struttura fosse più votata a slanciarsi verso il cielo che stare ancorata solidamente alla terra.  L’ancoraggio alla struttura rigida del ponte si è rivelato dunque provvidenziale, senza di esso, il monumento era destinato ad essere ingestibile ricordando quel famoso pupazzo “Ercolino sempre in piedi” dell’epoca di carosello.   Tuttavia anche così non era facile da gestire, perché il ponte tendeva a flettersi e la struttura a deformarsi.  Allora è stato necessario aggiungere altri 2 tondini armati di metallo sotto il piano del ponte anche per aumentarne la pesantezza, 2 tondini sono stati fatti calare dall’alto sulla prima ansa del binario in discesa ovviamente legati al binario interno, 1 è stato aggiunto all’inviluppo cilindrico obliquo verso quell’inizio di discesa;  per i tondini di ottone si è avuto anche il riguardo di tenerli distanti tra loro, insomma di non farli toccare lungo il percorso.  A questo punto si è però avuto uno strano risultato, davvero imprevisto e non preventivato: la somma dei pioli ( 12 a scendere + 8 a salire ) è uguale alla somma dei tondini ( 6 nel ponte, 6 nella parte alta, 8 in quella bassa ).
20 + 20  = 40 fa il numero delle vittime, mentre quello degli 8 superstiti si trova sia tra i pioli, quelli a salire, sia tra i tondini, quelli nell’inviluppo cilindrico.  Questo risultato, assolutamente non programmato, sta tuttavia a testimoniare l’armonia e l’equilibrio della composizione.   La destinazione dell’opera per quanto concordato, dovrebbe essere il Museo Civico a Pozzuoli che è solo in via di progettazione, e verrebbe collocato insieme ad altre decine di opere donate da artisti campani.  Ma quando questo avverrà non è dato saperlo.  Non mi resta che armarmi di pazienza, ma resta ben chiaro che anche volendo temporaneamente dare altra collocazione, ci vorrebbe almeno la tutela di un impianto di antifurto, visti i materiali di cui l’opera è composta.

L’opera è in via Monteruscello 61/i   Pozzuoli   tel 3356684054

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i topi non avevano nipoti

Cos’è questa strana informazione dal colore oscuro?   E’ la più lunga frase palindroma italiana, ossia può essere letta da una parte e dall’altra, sempre con lo stesso risultato.    Significa che quel che è presentato, soprattutto le espressioni più eccelse, hanno una certa quadratura, un modo di essere concepito complesso, come le opere del tempo passato, quando il rinascimento ispirava, non esisteva per fortuna il marketing, e le opere erano più spontanee e significative.  A scuola s’insegnava fino al boom consumistico anzitutto a credere a qualcosa, oggi mi sembra che sia l’opposto:  chi crede è un limitato, a meno che non sappia essere un vincente e fare di questo il suo vessillo.   Ho visitato Morra De Sanctis a novembre nel passare per l’avellinese,  rispolverando con la mente quando al liceo il professore di lettere, con uno spaziare leggero tra tante creazioni del pensiero umano, citava il buon Francesco per le sue critiche ai tanti fiori letterari che l’Italia dei maestri produceva.  Oggi sembra divenuto tutto inutile:  visitando la casa di Pascoli in Garfagnana la guida si chiedeva che figura si fa sfoggiando cultura, e i cipressi di Bolgheri chi li conosce?   Oggi aprendo il giornale si legge sempre più spesso una frase che termina col punto, e segue col “che …” agganciato a completare il concetto.  Ma non ci voleva la virgola? E il congiuntivo che fine ha fatto?  Eppoi oggi s’impara scrivendo col K sul telefonino.  Le mie opere vogliono inseguire un sogno eterno, ma mi rendo conto che non sono vincenti, non conoscono il marketing, e sono comunque meno facili da capire di un telefilm.   E allora?   Ciao mondo, è il caso di dire, nel senso della corsa cui siamo spinti per vivere sensazioni condite da una salsa che sa spesso di vuoto, perché ciò che vale allora è nel prossimo profitto che darà dopo un momento lo stesso risultato.   Le mie opere letterarie, per quanto leggere e spontanee, ricalcano questo equilibrio, come le altre creazioni presentate non sono votate all’astuta banalità di mercato. ———————————————————– Quanto alla COSTA CONCORDIA ho pubblicato su lulu.com; cerco di non mettermi in evidenza e di contenere i prezzi per evitare insinuazioni di venalità. PER ORA LA VERSIONE EBOOK  E’ ACCESSIBILE SOLO DA:   (51 Mb) http://www.lulu.com/content/e-book/da-costa-a-costa-con-cardio/12876375 MENTRE IL LIBRO IN B/N HA QUESTO INDIRIZZO (302 pag.) http://www.lulu.com/content/libro-a-copertina-morbida/da-costa-a-costa-con-cardio/12627658 Di nuovo c’è un libro su Venezia di 108 pagine ed il relativo documentario di 15 minuti su youtube, ed un calendario del 2014 sulla Provenza http://www.lulu.com/spotlight/gioagrossi https://www.youtube.com/watch?v=gBmh8nqndB0      Per il 2014 ho editato il calendario 2015 sulla natura mitteleuropea ed il libro “tre salti mitteleuropei”   presso http://www.lulu.com  ed ho scritto un libro di 130 pagine con relativo ebook.  Inoltre su youtube sono presenti alcuni filmati di cui 3 relativi all’argomento mitteleuropeo, sono fatti di diapositive e di riprese.

Gioacchino Grossi      alias      Joacchi

fontana bleb

cometalagunacostaprovenza

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varie ed eventuali

SEGNI PREMONITORI  . . .  DI QUALCOSA DI ATTUALE  !

Questa è una storia vera ma sembra la scena di un film, da questo io pensavo che dovesse preludere a qualcosa, e forse non mi sbagliavo; cercando il mio nominativo su  www.google.it si trova un articolo scritto nel 2005 sul giornale “la Repubblica” che è la prova che non mi sono inventato nulla.

Il 26 luglio 2004 (San Gioacchino) mi trovavo di pomeriggio a Montepulciano (SI) cercando un certo albergo in Piazza Duomo, ma non lo vidi, era in un angolo ma poi seppi che aveva posto, non volli chiedere e mi avviai verso Chianciano per risolvere il problema, ma lungo la strada, a S. Albino (l’alba mi ricorda qualcosa di radioso) decisi di fermarmi parcheggiando d’istinto dietro a un palo per sicurezza.  Alle 5.30 del mattino dopo un individuo fuori di testa colpì la mia auto a folle velocità, dalla foto si potrebbe valutare intorno ai 100 Km/h, la spostò di molto ma senza farmi urtare altre auto, rimbalzò e continuò a correre; ma dietro la mia c’era una macchina di una famiglia calabrese di 5 persone che si stava mettendo a bordo: la presenza involontaria della mia auto evitò uno scontro frontale con conseguenze catastrofiche; il Calabrese si pose all’inseguimento ma il fuggitivo si dileguò in una curva, i Carabinieri lo presero quel pomeriggio grazie alla segnalazione di parte della targa di due di Chianciano che aveva quasi investito e avendo in mano un pezzo della sua carrozzeria lasciata sul posto.   Ma qui la prima sorpresa: costui aveva un cognome contrario al mio ed era di origine napoletana, si chiamava Piccolo Gennaro.  Da quella mia involontaria impresa non ricavai nulla:  il carrozziere calcò la mano, l’assicurazione riuscì a darmi giusto un rimborso spese anche perché l’auto non era di certo nuova nonostante i guai che avevo loro evitato, i sei miracolati se la cavarono con un ringraziamento al momento, ma poi nessuno si ricordò di darmi riconoscenza, i giornali non ne parlarono ma si sarebbero sgolati se io non ci fossi stato a salvare tutti, insomma la più totale indifferenza.   Ma devo anche citare il nome dell’albergo ed il cognome del proprietario.   L’Hotel si chiamava “3 stelle”(le figlie), dove tre sono gli anni trascorsi ma anche il numero rilevato da un certo strumento, le stelle sono corpi celesti che vediamo grazie ai “raggi” che emettono, il proprietario si chiamava “Dei”, e qui sta un grosso significato, perché certi avvenimenti, che appaiono  indici soprattuto di grande ingenuità e idiozia, sono spiegabili solo dalla presenza di Dei pagani, che coi loro capricci, onnipotenza, arroganza, gretta presunzione credono di poter manovrare i distini dei comuni mortali.    Inoltre dalla foto dell’albergo presa dal sito www.albergotrestelle.com , che data l’anno precedente, il palo a destra non c’era, e si vede sull’asfalto che esso era stato impiantato da poco; in tal caso non avrei parcheggiato lì, l’auto fu sbalzata davanti l’ingresso e non colpì l’altra che era davanti il palo a sinistra. Dimenticavo: a quanto ricordo l’auto dell’investitore era un’ Opel “astra” s.w. , naturalmente.

Per chi avesse attitudini ad approfondire un concetto divinatorio, cercando di credere a qualcosa che potrebbe essere anche pura fantasia, la lettura del libro di Giuliana Poli “la Sibilla appenninica e le sue sette sorelle” mi ha illuminato:  infatti secondo questa tradizione vi sono due opposti, il divino e il diabolico legati anche al culto della Madonna sui Monti Sibillini, detti pure “l’angelo e la strega”.  Questa storie è un misto di spunti provvidenziali con altri diabolici, l’eterna lotta tra il bene ed il male, sempre presente in chi ancora si sforza di credere a qualcosa.

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Perché non se ne perda il ricordo, aggiungo le poesie “par condicio” e “a Loribrina”:

se Schioppa la tassa ti appioppa / Berlusca manovra da poppa, / entrambi controllan la groppa / che verso il dirupo galoppa / e mentre il cavallo s’azzoppa / il baratro s’apre e t’accoppa; / se il cuneo raggiunge la toppa / produrre risparmio si stoppa … / perché la trippa non è troppa !!!  /          ( 9 versi di 9 sillabe )

LOde all’apparizione della tosa / REtaggio d’un aspetto oltre il confine / DA’ mostra delle spine della rosa / NAscere fedeltà vede di affine. /

L’ultimo tema trattato è stato il concorso di prosa e poesia “Calliope”; non ho partecipato nel 2008 anche perché mi ha dato fastidio trovare una parola alterata nel lavoro dell’anno prima che mi ha sballato senso e metrica.  Comunque devo sempre dissentire da un criterio che premia poesie astratte, e quesa volta è capitato col primo premio; sarà musicale, sarà moderno, ma quando lo stesso autore ne sono certo non sa descrivere il significato di quello che scrive la cosiddetta “arte” diventa solo un’opinione.  Ciò accade quando nell’arte attuale decadente è l’artista a chiedere all’osservatore di suggerirgli u significato.

Intanto al momento che scrivo si avvicina quella strana festa che è il mio onomastico.  Sto ora notando sui calendari che oramai in prevalenza si scrive “ss. Anna e Gioacchino” e non più l’inverso e in un caso ho trovato omesso il mio nome.  Il 1′ gennaio di quest’anno scrissi all’Osservatore Romano sollevando il seguente quesito:  perché si dice: “Gesù Giuseppe Sant’Anna e Maria” e non si nomina S. Gioacchino che pure fa parte della Sacra Famiglia?  Nessuna risposta.  Di questo passo tra poco lo classificheranno tra i santi di serie C o scopriranno che la Madonna era figlia di sola madre, come il figlio!

Vorrei anche aggiungere un doveroso pensiero a una grande figura scomparsa.  Marisa Sannia era nel mondo espressivo qualcosa di superiore come anche Lucio Battisti; soprattutto oggi si vedono personaggi costruiti, di cui si intuiscono precisi limiti nello stile, nell’espressione e in tanti modi di apparire.   Solo chi sa essere spontaneo e creativo va oltre e non dovrebbe mai scomparire;  dai tempi dei successi il casco d’oro sardo non era a caccia di protagonismo, e se ne coglieva la genuinità e verità, come il cigno di Poggio Bustone il cui monumento è fra le mie foto, era un artista che sentiva in un tutt’uno quel che scriveva.  Oggi grazie a internet ho reperito la raccolta completa delle loro opere, e credo siano una spanna sopra tutti; poi come disse Menandro, ritorna presto al cielo chi ad esso è caro.

Il 09/09/2009, alla fine delle classiche ferie, ho pubblicato i miei nuovi libri. Il primo, sunto di tutti i versi scritti finora:  DI.RIME.REMO  ovvero: diremo di disegni e rime; il secondo, che racchiude la narrativa: ATMOSFERA DI FORZA.     Ho raggruppato tutte le vignette eseguite dal mio valente cugino Emilio per i 4 libri allora scritti, e li ho messi in vendita su un noto sito che consente di fare editoria online:   http;//www.ilmiolibro.it  .  Devo dire che è stata un’impresa ardua, perché a parte le correzioni, la traslazione da una matrice scritta con Word in una in PDF sballava tutta una serie di parametri, e non sempre era facile individuare la contromossa!    Una nota:  la foto del tramonto è stata da me scattata a Pizzo Calabro quest’estate, è stata frutto di una serie di fortunate e irripetibili coincidenze. Ho successivamente pensato di editare un altro libro: “prove di formaggio” che è un acronimo per racchiudere le opere di ogni tipo sino ad ora, per abbattere i costi.  Infatti così risparmio ben 4 euro sulla somma dei due libri anzi detti, prodotti separatamente.   Per finire ho prodotto un album fotografico tascabile sui concorsi fotografici di quest’anno, esasperato dal fatto che non arrivano ancora a compimento, mostrando il logo delle manifestazioni. Ho scritto anche un libro sul difficilissimo programma informatico per fare i turni col computer, del quale argomento parlo più giù in questo blog, poi sono passato a dei reportage, il primo sul naufragio della Concordia, su cui concludo quello che i fatti stanno indicando, poi su Venezia.

A margine annoto cho prodotto anche un bel segnalibro dove per modestia il nome dell’autore si legge dalle foto delle prime due opere, per un errore ho dovuto coprire un rigo duplicato con un doppio pennarello indelebile, ma l’effetto è stato buono.    Intanto ho pubblicato nella festività di San Tommaso d’Aquino, il 28/1/10  “il patto con lo stivale”, viaggio quaresimale attraverso l’Italia, avvincente e ricco di avventura e di colpi di scena con un fondo religioso.  

   Insomma le mie opere:  Il patto con lo stivale   e    prove di formaggio uno      nonché le singole opere che formano il libro riassuntivo sono su http://www.lulu.com  e www.ilmiolibro.it, ma d’ora in avanti publicherò solo su lulu in formato economico ed in ebook, cercate Joacchi su www.lulu.com.

   A partire dalla primavera 2011 ho preso a fabbricare delle costruzioni nel giardino con mattonelle da me colorate, di terracotta 25x6x1 cm ;  nella successiva estate ne erano presenti 6:  nell’autunno 2013 ho restaurato le 9 costruzioni sistemandone 8 su base di mattone forato, e costruendo letteralmente il disegno ispirato a Leonardo in modo da poterlo anche sollevare, ma pesa.  Ho ridipinto il tutto ; per la spiegazione andare alla fine di questo blog.   Si chiama IL GIARDINO DELLE 33 MATTONELLE;  qui sotto in foto, un doveroso ed artistico ricordo dei miei genitori

Il 2 luglio 2012 s.ono stato al Palio di Siena ad offrire la mia opera “da costa a Costa  con … cardio” alla contrada dell’ ONDA in quanto particolarmente attinente al tema.  Infatti la contrada ha come colori il bianco e l’azzurro come la Concordia, il delfino è socievole e dunque racchiude tale concetto positivo, inoltre tende anche a nuotare sopra la superficie, se non altro per respirare, e la nave infatti è semisommersa, porta una corona essendo il natante l’ammiraglia della flotta, talora il delfino è rappresentato su una palla che ricorda lo scoglio, ha un atteggiamento che ricorda un “inchino”, è detta “capitana” guarda caso come indicano le tre stellette su campo giallo-rosso e la nave veniva da Civitavecchia, e ovviamente ha a che fare con le onde del mare e col cielo, e con essi è ora a contatto la Concordia semiaffondata.   Ebbene sulla dedica ho augurato che l’ ONDA potesse “dominare” le due carriere del 2012 cui partecipa, ed infatti ha vinto in testa sin dall’inizio.  Non contento ho regalato il libro anche ad un altro ondaiolo cui ho chiesto un’informazione, che ho scoperto avere il mio stesso raro nome ed essere il pittore di vari drappelloni.  Una spedizione molto positiva:  Ondaioli, questo è l’anno della Concordia, dominate anche ad agosto, dominate su tutto e tutti, come le onde del mare!  A proposito, hanno concluso che la scatola nera della Concordia è rotta, dunque non sapremo mai la verità fino in fondo, come volevasi dimostrare, e che il comandante non sia poi un vero colpevole ci può anche stare.  Oggi, 17/8/13 posso affermare che finché la Concordia è rimasta al Giglio, la contrada dell’Onda ha disputato tutti e 4 i Palii disponibili vincendone ben 2; quando inviai il calendario augurai di vincere anche a quello dell’Assunta, ma l’almanacco era del 2013 dunque i conti tornano.  Alla fine con l’ONDA è successo l’incredibile:  finché la Concordia è stata al Giglio ha corso tutte e 5 le carriere vincendone 2 secondo le mie indicazioni, ad palio di agosto 2014 l’incantesimo si è rotto perché la Concordia era a Genova!

Ho scritto ultimamente “una cometa sulla laguna”, riuscito esperimento fotogiornalistico passano 16 ore in giro per Venezia con una fotocamera bridge nella mano destra ed un registratore nella sinistra.  In maniera veloce ho impaginato tutto in uno stile immediato ed efficace e ne ho fatto un libro ed ebook, sempre su lulu.

   Mi piacciono il canto quello serio, la musica classica, l’arte quella vera, il turismo, l’informatica da programmatore, lo scrivere, le lingue (5 bene o male), il positivo, ed anche se il mondo va spesso al contrario cerco di essere convinto di quello che faccio.

                                                                                                        Joacchi

Allego qualche foto

onda[2]gino-laura

 
     
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turni ospedalieri informatizzati

TRE ACCORDI IN ARMONIA

Dopo molti tentennamenti eccomi giunto al libro che illustra il programma informatico per poter risolvere il problema dei turni difficili;  in esso mi sono dilungato sulla strategia e sulla metodica impiegata, con uno sguardo anche al futuro possibile, per poter, risorse e tempo permettendo, migliorare il meccanismo generale aggiungendo nuovi automatismi.

Faccio qui un sunto dell’opera, per ovvie ragioni non troppo dettagliato, ma che consenta di ritenere verosimile la logica adottata per raggiungere lo scopo, assolutamente improbabile, di mettere d’accordo fino a 36 persone attraverso una serie di servizi e di disponibilità estremamente variate.    Anzitutto premetto che sono solo un dilettante, non ho mai fatto corsi d’informatica, ma ho avuto la fortuna di imbattermi in un programma, il Dataease, che è particolarmente umano nella logica operativa, tanto da consentirmi di applicare con immediatezza quello che la fantasia e la creatività mi suggeriscono, fino a realizzare composizioni molto complesse.  Questa volta, avendo iniziato ai tempi del PC 286, l’opera è in dos, ma posso migrarla sotto windows in automatico, e da qui partirebbe tutto un lavoro di rifinitura che avrebbe del professionale;  causa la minore manovrabilità di quest’ultimo ambiente, potrei fare ciò solo quando fossi certo di aver realizzato un’opera pressoché finita, e questo mi richiederebbe ovviamente altra opera, dunque il prosieguo adesso dipende dall’interesse suscitato e non posso dire che ce ne sia stato.    Inoltre in dos ho quasi esaurito la disponibilità di procedure che è 999 e dunque mi sarebbe difficile continuare, inoltre mi chiedo per quale motivo non sono riuscito ad avere pareri almeno sulla teoria utilizzata, se perché l’argomento non interessa nessuno, o perché nessuno lo ha affrontato fino a questo punto;  secondo me la verità sta nel mezzo:  se il mio lavoro profumava di business era un altro discorso e avrei trovato tanti a parteciparvi, in tal caso può essere ignorato.

Il titolo è un po’ enigmatico ma mi spiego subito:  il tre è un numero chiave perché il procedimento consiste in una specie di gioco del cubo fatto di tre manovre fondamentali, inoltre sono previsti fino a 9 presidi che possono girare 3 alla volta con turni doppi, e inoltre 3 a turni fissi che saranno ambulatori o turni di poche ore aggregati ad altri.  Gli accordi sono la finalità del lavoro perché esso serve a fare turni complessi laddove c’è da affidare a una macchina e ad un procedimento le controversie non da poco che si possono verificare:  le contestazioni ci saranno sempre, ma almeno con uno svolgimento documentabile e con nulla affidato al caso anch’esse dovrebbero ridursi.    L’armonia infine è lo spirito che pervade l’opera perché avevo provato all’inizio ad ottenere il miglior risultato da subito forzando la mano su certi meccanismi, ma poi ho dovuto concludere che la cosa migliore è distribuire sapientemente gli stop e gli scambi e in genere l’architettura del programma, ovvero la sua intrinseca armonia, per favorire gli incastri e risolvere tutti i nodi.  La funzione random nel programma esiste solo per determinare l’ordine d’ingresso nel database di elaborazione, per non favorire nessuno a parità di condizioni e per il resto per ogni cosa c’è un criterio preciso;  non esiste il concetto di provare una certa combinazione, ma tutto parte dai dati impostati e segue rigidi principi, oltre che la sagacia dell’operatore.  Non esiste l’ipotesi che si possa risolvere tutto premendo un tasto, forse con disponibilità semplicissime si riuscirebbe a garantirsi da subito i migliori incastri, ma io ho testato il programma con un reparto di oltre 30 elementi e 6 servizi variabili e tre fissi, tra cui anche un presidio con turni di 24 ore perché su un’isola.  Inoltre ho provato su un reparto più semplice del primo ma con turni variabili e fissi mischiati, poi su un presidio sul territorio dove occorreva accorpare due reparti in uno, per finire ho predisposto il programma per una realtà di turni periodici dove ruotano 6 sanitari, riempiendo però i vuoti lasciati dalle indisponibilità.   L’ultimo test non è mai avvenuto perché il Pronto Soccorso, conosciuta l’implacabilità di questo lavoro, ha provveduto a dipanare le controversie in casa propria pur di non affidarcisi.

Veniamo alla teoria:  prima si prepara in modo facilitato tutto il substrato a partire dal calendario e da tutto quanto occorre per riesumare la situazione preliminare comprese le disponibilità abitudinarie, poi si verificano i tetti di mattine pomeriggi e notti disponibili sui vari presidi mediante una procedura che può essere anche collettiva che a colpo d’occhio li dosa in modo da favorire incastri migliori e una maggiore proporzionalità nei turni attribuiti a ognuno.   La fase successiva è il primo criterio operativo, basato sulla logica dei semafori:  dal giorno 1 al 31 il programma, saltando tutte le fasi inutili modula la condizione iniziale di ognuno e alla fine attribuisce il turno a chi è nella migliore posizione;  qui c’è una fase molto delicata riguardante i turni prioritari, essi vanno conteggiati in anticipo e fanno sì che inibiscano l’assegnazione di quelli che li rendono incompatibili e che magari verrebbero assegnati in una fase precedente, non dimentichiamo che vengono trattati 3 presidi alla volta.  La soluzione sarà formalmente corretta, ma si presenteranno anzitutto colli di bottiglia, ovvero turni con disponibilità negativa a causa di scarse risorse umane o ferie o altro;  qui si effettua la seconda manovra che è manuale ma facilitata, e consente di fare scambi con poche indicazioni, anche tra presidi diversi, in modo da rattoppare la zona pericolante;  il sistema provvederà a verificarne la congruità e a scambiare tutti i dati sui conteggi delle ore e dei turni.   La terza fase riguarda le forbici che inevitabilmente si formano tra chi ha avuto più e meno turni, e consiste in una manovra facilitata riguardante scambi e travasi, dove con la semplice marcatura di una casella si mette in atto la trasposizione e la verifica dei dati in essere, nonché si può osservare preventivamente e in tempo reale il risultato finale.  Poiché dette forbici possono essere di vari tipi, ovvero generali, festive, o specifiche per presidio inerenti ai tetti stabiliti, a questo punto entra anche in gioco la strategia per affinare il risultato, nonché per risolvere le situazioni più difficili, tenendo anche conto che la seconda e la terza fase sono ripetibili a piacimento, purché non vengano di nuovo seguite dalla prima che azzererebbe tutte queste modifiche in parte manuali.

Ulteriori sviluppi per ora non sono previsti tra l’altro per mancanza di motivazioni, anche se avrei in mente qualche linea da percorrere per migliorare sempre più questo “gioco del cubo”, per forza manovrato da qualcuno con procedimento del tutto documentabile per fare tutto il percorso.    Per approfondimenti rimando al mio libro “tre accordi in armonia” presente su “ilmiolibro.it” e al testo riassuntivo “prove di formaggio” acronimo di tutto il possibile contenuto, che è anche su “lulu.com” in America e qui persino in edizione elettronica ad un costo minimo.   Commenti costruttivi sono sempre graditi.          Joacchi

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concorso per il nuovo logo della ASL

L’ASL … CAMBIA IMMAGINE
CONCORSO GRAFICO PER IL NUOVO LOGO AZIENDALE
scadenza 1 febbraio 2005
Per indicare in modo semplice e immediato la volontà di dare luogo a un’assistenza sanitaria finalizzata al benessere della popolazione, questa Azienda ha scelto come slogan
“Sulla Rotta del Benessere.
Asl e Cittadini verso il Cambiamento”
Si è ritenuto cioè utile comunicare che, per conseguire l’obiettivo aziendale, occorre la capacità di “navigare” tra molti fattori (sociali, economici, ecc.), contemplando allo stesso tempo la partecipazione dei Cittadini.
Volendo veicolare anche graficamente questo messaggio, l’Azienda ha deciso di indire un Concorso per il nuovo Logo aziendale.
Al Concorso possono partecipare TUTTI

QUESTO ERA IL TEMA !
 non ho vinto; l’immagine e’ sul biglietto da visita

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COMMENTO AL LOGO
   
    Questa proposta, allora a concorso, per modificare l’attuale simbolo di una ASL del napoletano, è nella sua versione a colori una fotocomposizione di tre immagini prese su internet, con alcune modifiche nelle posizioni e nei diametri fatte dall’ottimo Fernando Laneri, fotografo ma soprattutto geniale e spregiudicato nell’uso del computer certo più di me.     E’ stata riprodotta una versione in bianco e nero della stessa immagine per una lettura più nitida ed essenziale che mette in luce meglio certi simboli non troppo chiari in quella a colori, e perché sulle divise e in qualche riproduzione troppo rimpicciolita è meglio usare i due colori; inoltre in questa rappresentazione la scritta indicante l’azienda è stata omessa.
     Il tema del concorso ha secondo me dell’eccessivo, e questa è una pecca dell’organizzazione; si pretende cioè che “in modo semplice e immediato” si svolga un tema estremamente elaborato.  Nel dubbio io ho preferito rispondere bene al tema e lasciar perdere l’eccessiva immediatezza, tuttavia ho provato a realizzare un’opera con pretese artistiche che avesse un impatto immediato nella sua complessità e dunque fosse anche comprensibile a tutti, ma che in modo intuitivo e molto simbolico arrivasse a esaudire per bene il tema.   Non ho voluto correre il rischio insomma che si dicesse che dovevo essere escluso perché non avevo risposto a fondo, ma ho fatto in modo da rispettare anche l’esigenza dell’immediatezza, e vediamo come.
    Il tema pressappoco è:  “sulla rotta del benessere, azienda e cittadini attraverso il cambiamento, evidenziando gli aspetti economici e sociali e con uno sguardo alla partecipazione”, scusate se poco!
   Dunque commenterò il logo attraverso il tema, sforzandomi di dare due versioni: quella colta e quella semplice, per dimostrare che lo svolgimento tiene conto di tutto.
      Cominciamo col dire che l’immagine ritratta non è reale, è una visione e come tale è da intendersi in maniera simbolica: alcuni particolari non corrispondono alla realtà ma sono alterati perché la lettura ne sia più chiara.   In primo piano è giorno, infatti vi sono delle ombre che vanno verso destra, dunque anche il riflesso fa intendere che la scena non è illuminata solo dal sole al centro, che fa parte della visione.    In primo piano vi è una nave; nella realtà era più larga ma poco importa; essa rappresenta l’azienda con i suoi cittadini come recita il tema, poi in secondo piano vi è una spelonca…        Questa non è una grotta qualsiasi, come si può desumere dal profilo di tipo pentagonale, con uno stretto soffitto piatto e quella rientranza ad altezza d’uomo a causa di certi canali di scolo: è la celebre grotta della Sibilla a Cuma, situata quasi al confine tra Pozzuoli e Giugliano e dai dintorni della quale si vede Ischia.   Dunque è un punto centrale dell’Azienda, sita al centro tra le tre ex USL.   Inoltre è universalmente conosciuta soprattutto per quel carattere ambiguo dei responsi che in essa risuonavano.   Nella visione essa è stata allargata per meglio contenere la scena centrale, ma il suo significato di fondo, tra il tetro e il dubbioso è rappresentato dai colori:  vi è un’alternanza di scuri e chiari finanche nelle scritte, come riflesso delle tenebre della spelonca e del sole sul fondo.   Anche però l’originale è così per via di tante finestre laterali che ha questo lungo corridoio per cui il turista coglie realmente quest’alternanza di colori!  
    Torniamo al tema e qui ti voglio!  “Sulla rotta del benessere, azienda e cittadini…”.  Che per il cittadino il benessere possa essere ad esempio una giornata di sole si potrebbe anche capire, ma per l’azienda questo è inammissibile, occorre qui rappresentare il benessere nella sanità.    Questo logo oltre che di contrasti orizzontali come abbiamo appena visto, ne presenta almeno due dall’avanti fino all’orizzonte, che passano per la grotta fino a quello che vi è sullo sfondo.   Sulla grotta campeggia una scritta: “offrire scopo per soffrire poco”;  su questo argomento essa rappresenta in fondo il tema della sanità:  infatti chi ad essa si rivolge è un sofferente e spera anzitutto di soffrire poco, poco, dunque sempre di meno fino a guarire.   Perciò la grotta con le sue tenebre rappresenta la malattia, oltre la quale vediamo un sole.   Se tuttavia guardiamo l’immagine in bianco e nero, qui si vede meglio che quell’aquilone con una testa e una coda che lambisce un oggetto di forma rotonda ci ricorda il simbolo del concepimento e dunque la vita!    Perciò il tema del benessere è rappresentato come la radiosità della vita oltre il buio della malattia e credo sia esauriente.   Ma avevo promesso di fornire anche delle spiegazioni più semplici.   Chi solo capisce che quella è una grotta con su scritto “soffrire”, e che dietro c’è il sole ha la sensazione del benessere, tanto più che sono ricorso a un piccolo trucco:   quell’aquilone romboidale azzurro immerso in un cielo a riflessi rosa, non ci ricorda un viagra, e questo non da il senso della vita?   Le immagini subliminali in questo caso contano.
    Proseguo col tema: “attraverso il cambiamento”.   Ritorniamo alla grotta e leggiamo meglio quella frase:  anzitutto è un autoanagramma tra quello scritto a sinistra e il corrispondente a destra, ciò serve a rendere più mnemonica la cosa, ma poi sul soffitto vi è una “X”;  essa si legge “per” ma è anche una “chiave di volta”, non a caso sembra la pietra centrale di una volta ad arco, che invita a leggere l’intera frase correttamente invertendo le parole, e dunque il miglior enunciato è “per soffrire poco lo scopo è offrire, per offrire poco lo scopo è soffrire”,  dunque “più si offre e meno si soffre e viceversa”!    Ma è proprio questo il tema che si presenta all’azienda tutti i giorni per risolvere i problemi; ci deve essere la consapevolezza che solo offrendo di più si ridurrà la sofferenza, tenendo presente il rischio che succeda il contrario!   Non è un caso che la parola “scopo” sia la meno leggibile, perché è quasi superflua, come è giusto che si legga meglio “soffrire poco”.   Dunque con una frase sibillina così esplicita anche se ermetica è espresso un dubbio basilare, ma la Sibilla così parlava: con poche parole e una frase poco chiara e soprattutto ambigua; ma così il problema sanitario non si risolve certo, e dunque la grotta rappresenta il dubbio, l’incertezza e perciò il cambiamento, tanto più che è proverbiale la frase “uscire fuori dal tunnel” per indicare la risoluzione di un problema angosciante.
    La parte del tema inerente gli aspetti economici sociali e la partecipazione sono rappresentati al centro.   In fondo al tunnel si compie il vero prodigio:  non vi sono le tenebre della grotta ma un tramonto radioso su cui campeggia un aquilone.   Esso è l’espressione economica perché è il risultato di una costruzione con pochi mezzi semplici: carta, stecche, colla, che grazie a un lavoro abile a paziente ha permesso al prodotto di decollare e di volare contro il sole.   Il filo, rosso perché rappresenta la sanità, spunta dal ponte della nave dove è tenuto per mano da una persona debole, un bambino si suppone, dunque questo è l’aspetto sociale, e si proietta dritto verso il sole.
    Qui partecipa un’altra figura: il gabbiano.   Come dice il nome ”gabbia – no” è un uccello libero, operoso e sensibile, stanziale dalle nostre parti, esso rappresenta lo spirito e la volontà dell’azienda e nella simbologia, tiene per il becco il filo per aiutare l’aquilone a decollare e a indirizzarsi oltre le tenebre della grotta.
     Non solo, ma ora quest’ultimo lo fronteggia in maniera speculare simile nel colore e nel possesso di una coda, ma lo sovrasta, infatti l’aquilone è la parodia del re degli uccelli; la volontà dell’azienda rappresentata dal gabbiano ha contribuito a che un progetto semplice, come un bisogno elementare espresso da una persona debole decollasse fino a divenire il centro di tutto, che sovrasta tutto, mentre il soggetto protagonista è proprio colui che non si vede, il debole che tiene per mano il filo.   Lungo il suo percorso si raccolgono gli elementi ora descritti in un’alternanza plastica compreso l’albero della nave che riempie la scena al centro e simboleggia la presenza di tutta l’azienda in questo processo, e dunque la partecipazione espressa dal tema.
    Si è detto che questa scena sia troppo complessa per essere capita:  in effetti già vedere un aquilone contro il sole oltre una grotta spiega con immediatezza il significato essenziale, perché l’aquilone è ovviamente sostenuto da un debole e decolla oltre le tenebre;   inoltre l’occhio dell’osservatore è attirato al centro dalla fonte luminosa e qui è istintivo cogliere questo significato, rafforzato dai prima citati colori blu e rosa.
    Infine faccio notare la presenza del riflesso nell’acqua che denota esservi luce esterna come in una visione;   un’altra obiezione potrebbe essere la presenza stessa della grotta come un elemento negativo che si riflette sulla scena.   Per quante possano essere le insinuazioni, questa è un’opera artistica che come tale ha lo scopo, oltre che fornire una lettura più o meno facile, il compito di suscitare delle emozioni attraverso le quali arrivare a delle conclusioni personalizzate;  se in questo logo fosse rappresentato solo un cammino radioso, non si coglierebbero attraverso i contrasti certe sottigliezze che sono indispensabili per interpretare il tema correttamente, anzitutto per quanto riguarda il benessere:  è un concetto talmente astratto che lo si rappresenta meglio come contrasto attraverso la malattia.   Eppoi la frase anagrammata stimola a essere rammentata alla ricerca di un plausibile e semplice significato, e inoltre la Grotta della Sibilla è una nostra caratteristica che il mondo ci invidia e facciamo bene a servircene.
  Per finire, chi lo direbbe, nel logo è celata la mia firma, stilizzata ma composta si legge meglio in quello in bianco e nero.  A partire dal centro le due pareti della grotta a sinistra formano una doppia “g”; quelle a destra una doppia “s”, il sole e l’aquilone disposto tangenzialmente formano una “ro” dell’alfabeto greco, all’estrema destra vi è una “i”.  Tutto ciò si legge “g grossi”.
 

 

               SECONDO ME SAREBBE UNA BUONA PUBBLICITA’ PER IL VIAGRA !   SE V’INTERESSA DITELO !
           QUELLO CHE HA VINTO CERCATELO E CAPITELO DA SOLI !
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IL GIARDINO DELLE 33 MATTONELLE – simbologia

giar-pubbl1PRIMO GRUPPO:  IL RIFERIMENTO BIBLICO, aiuola che rappresenta triangoli

DIVINA PROPORZIONE:   il disegno in piano di 33*2 + 33/2 mattonelle rappresenta un triangolo rosso con inscritto un cerchio azzurro ed un quadrato marrone come nell’uomo vitruviano di Leonardo, al centro è una stella gialla con in mezzo un fiore della vita bianco.  Dio è il triangolo che contiene il cielo (cerchio) e la terra (quadrato), in essi è l’uomo che tocca entrambi ed ha 5 vertici e brilla già come un astro con dentro la vita; dal vertice prossimale la Divina Proporzione (1,618) sui lati forma un arco che sostiene le braccia della stella,  sull’altezza raggiunge il centro del fiore bianco della vita:  insomma Dio sostiene l’uomo e dà la vita ed i rispettivi colori, rosso  giallo e bianco, saranno quelli fondamentali.   Un gruppo di rose dei tre colori domina i fiori che ricalcano i 5 colori.

CASA SULLA ROCCIA:  è un castello di carte, ma è rinforzato in vario modo ai vari livelli e termina in alto con una croce; indica che con la temperanza rappresentata da quei tre colori anche ciò che sembra dover crollare può essere rinforzato; i colori non s’incrociano.

TORRE DI BABELE:  dai due lati vi è un motivo di colore continuo come a spina di pesce; indica che ciò che dovrebbe annullarsi, se ha una struttura divina (il pesce) resiste;  da notare che i supporti laterali sono stretti e solo appoggiati, ma il tutto è ben solido.

SECONDO GRUPPO:   LO SGUARDO VERSO IL CIELO, l’aiuola è un fiore a 8 petali e 3 foglie e con un centro.

CASTELLO SLANCIATO:  ricorda il castello di carte, ma è più ardito e rappresenta una figura umana con le mani protese verso l’alto.  I contorni più rappresentativi sono in rosso, anche qui i colori uguali non si toccano; si può immaginare una figura che prega.

FIORE:  è rappresentato da uno stelo e da una doppia fila di petali che si aprono verso l’alto e che ondeggiano col vento;  il codice dei colori, più complesso rammenta la varietà del mondo delle creature viventi che non sono mai fotocopie.

SCALA A CHIOCCIOLA:  sale verso l’alto e in senso orario come le scale di pace che non danno vantaggio all’assalitore;  all’interno è un gruppo di pioli che si avvitano l’uno sull’altro, i gradini sono 8 e rappresentano l’anelito verso l’alto, la struttura è cilindrica e fenestrata.

TERZO GRUPPO:  LA SIMBOLOGIA E L’ARDIMENTO,  l’aiuola è a forma di doppio 3 che forma un 8 che riproduce il cielo, ho usato colle speciali.

STACCIONATA:  ricalca i numeri presenti nelle strutture;  vi sono 3 file orizzontali, con ai lati 3 punte e dunque il 33.  E’ rappresentato il gioco dei 3 colori principali, le stecche verticali sono 5 e dunque la somma porta all’ 8 dell’infinito;  è semplicemente attaccata ad un bordo rigido ma è molto solida.

GRATTACIELO:   è composto di 8 elementi di 4 mattonelle l’uno debitamente tagliati, con un cupolino in alto per legarlo ad un albero;  l’altezza è di oltre 2 metri e vi sono ricalcati i 5 colori + i 3 fondamentali;  rappresenta l’ardore verso l’alto ed una scorciatoia per qualche insetto.

POZZO DI SAN PATRIZIO:  è la struttura più complessa formata da 33*4 mattonelle.  Si compone di 100 gradini su ognuna delle 2 scale elicoidali che scendono e risalgono come si evince dalla sequenza dei colori congiungendosi in alto e in basso:  rappresenta la discesa dell’uomo verso le difficoltà della vita, peccato compreso, e la risalita ed il rinnovamento abbeverati alla sorgente della grazia.  Intorno è una doppia camicia fenestrata che ne compone l’involucro esterno, aperto per mostrarne meglio il contenuto e col solito gioco di colori che non si toccano e che vanno in senso discendente o ascendente.

 

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